E così ti sei risvegliato e adesso anche tu vuoi diventare un operatore olistico. Aiutare tutti, salvare il mondo e diventare tra i più citati sui social, con migliaia di visualizzazioni nei tuoi video e i tuoi libri in testa alle classifiche. Beh, questo destino qualcuno ce l’ha (pensa a Igor Sibaldi, Eckhart Tolle, Paolo Coelho…) e mi auguro tanto che possa averlo anche tu! Ma non è il destino di tutti, sai che noia sennò!
Effettivamente anche io quando mi sono risvegliata, nel 2003, ho pensato di fare così. Eppure avevo una vocina interiore che mi tratteneva: ero un’imprenditrice, avevo un’avviata ditta di formazione che rendeva veramente tanti soldi, ma che non era olistica, non era spirituale, per cui l’ho chiusa, e ho preso qualche anno sabbatico. E’ una scelta che non rimpiango perché sentivo che non era la mia strada. Ma quale fosse la mia strada, non lo sapevo assolutamente. Tu sai qual è la tua strada? Ho scritto alcuni consigli QUI per trovarla.
Allora mi sono diplomata come counselor (modello Gestalt), per iniziare ad aiutare gli altri. Ho anche avuto dei clienti che erano soddisfatti di me, ma sentivo che ancora non stavo centrando il bersaglio. Oggi continuo a dare input e ascoltare le persone, ma in amicizia, e ho smesso di cercare un lavoro adatto a me, fino a che il lavoro adatto a me mi ha trovata. Sono impiegata in un museo.
Non è stato un passo indietro: questo lavoro mi aiuta a mantenermi economicamente, che è importante nel processo di diventare adulti, ed è un lavoro che c’entra anche con l’autorealizzazione, dato che mi occupo di un museo dedicato a un individuo che ha avuto un grande successo imprenditoriale. Scrivo, tengo un blog, mi occupo dei social, incontro i ragazzi delle scuole. Non avrei davvero saputo immaginare un lavoro migliore per me!
Arriviamo al sodo. Quella di voler abbandonare il proprio cammino per mettersi su un sentiero imprenditoriale di spiritualità è una deviazione abbastanza classica, forse una delle prove dell’ego, ma nella maggior parte dei casi è a fondo cieco. Certo, se sbagliamo, la vita a suon di batoste ci riporterà sempre sulla strada giusta, ma prenderla sin dall’inizio forse risparmia tempo, fatica e sofferenza.
E qual è la strada giusta?
La struttura principale e infallibile per realizzare se stessi me l’ha spiegata uno dei miei insegnanti, Paolo Baiocchi, psicoterapeuta, discepolo di Claudio Naranjo, che ha delle intuizioni veramente geniali, tipo questa della scala musicale.

DO agli altri: è la base, il do ut des, cioè mi comporto in maniera tale da ottenerne qualcosa in termini di gratificazione o soddisfazione di bisogni. Do perché mi diano. Partiamo tutti dal do, tutte le scale partono dal do.

Alcuni salgono e arrivano al RE ovvero diventano RE / REGINA della propria vita, hanno il bastone del comando. Scelgo io per me, decido io per me, non mi lascio condizionare da ambienti esterni, da fattori esterni, da idee esterne, dagli irretimenti familiari. Sono libero, e la mia libertà finisce solo laddove inizia quella di un altro. Già è un primo gradino non facile, perché presuppone il tradimento dei valori familiari e della propria zona comfort, in primis. Come diceva Gesù “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”. (Mt 19,23-29).

Dopo aver creato il proprio regno, alcuni lo devono abbandonare per andare oltre, al MI, che corrisponde un po’ al “sia fatta la tua volontà”, ovvero si sceglie di diventare se stessi, anche se questo presuppone forse l’abbandono di sogni di gloria. Marco P. è un ricco e rispettato avvocato, ma la sua vocazione è quella di fare il contadino: può scegliere se restare nel suo studio in radica di noce o traslocare in un casale, dove triplicherà la fatica ma si sentirà davvero se stesso. Dopo un percorso di accettazione, ha rinunciato ad essere quello che avrebbe voluto per diventare quello che era. Un po’ come ho fatto anche io non cercando più voler aiutare gli altri (diciamo che mi sento tra il Re e il Mi).

Solo dopo essere diventati se stessi, solo allora si può veramente FAre, realizzare le grandi opere che il destino ha posto davanti. Il magistrale ingegnere realizzato costruirà un ponte che non cadrà, perché non lo fa per i soldi o per la gloria, ma perché non può fare altrimenti, perché il suo destino è costruire ponti. E diventerà un famoso ingegnere che non scende a compromessi.

Nel momento in cui si procede con questa spinta interiore, si raggiunge il cuore, il cuore di se stessi, il cuore della creazione, il SOLe centrale. Ermeticamente si usa l’espressione “realizzare il Cristo in sé”.

E allora si va LA’, allora si va oltre il velo, si può ora raggiungere un’altra dimensione, più sottile, compenetrante questa, ma più completa: più pregna di amore e di significato. Una dimensione che certo possiamo raggiungere in molti momenti della nostra vita, se siamo fortunati e se ce ne accorgiamo, ma il cui accesso otteniamo stabilmente a questo punto.

E ora possiamo finalmente dire SI‘. Sì all’abbandono di tutto quello che abbiamo fatto, sì alla rinuncia dell’ego, della personalità, dell’incarnazione, della materia, per fonderci nel DO Superiore.
Sette scalini, come i chakra, come i piani dell’Albero della Vita, come i Raggi, come i colori dell’arcobaleno: 7 è un numero completo, che rappresenta il 3 dello Spirito sopra il 4 della Materia. Ma questo è un giochino che approfondiremo in un’altra pagina.

Solo dopo essere diventato me stesso posso essere davvero utile agli altri, altrimenti è più facile che si tratti di senso di colpa, o di presunzione interiore.
Ps: sì, lo so che sono una rompiscatole, ma è meglio pungolare con fastidio per portare sulla strada giusta che lasciare liberi di fronte a un burrone.
0 commenti